INTERVISTA A GUIDO CANEO
Tratta da “L'eccellenza nel golf - scopri i segreti dei pro”
Chi è Guido Caneo, come hai iniziato a giocare a golf e come sei arrivato a diventare un professionista?
Con buona probabilità sono l’ultimo professionista di golf ad aver iniziato come caddie, figura oramai scomparsa nella maggior parte dei circoli. Chi ha giocato al golf di Castelgandolfo avrà certamente notato il casale vicino al campo pratica, e magari ci sarà finito più di una volta con qualche tiro. Ecco, quella era la casa dove abitavo da bambino.
Il campo non c'era ancora. La vallata ospitava solo poche ville di campagna, orti, pascoli, e una rigogliosa azienda agricola che ho visto trasformarsi nel campo da golf sul quale ho poi imparato a giocare.
La mia passione per il golf è cominciata collezionando le palline del campo pratica che i golfisti tiravano proprio sotto la finestra della mia camera da letto. Erano tutte identiche, segnate da una grossa riga rossa, con un odore particolare, fra gomma e petrolio. Un giorno feci la conoscenza del Maestro che aveva in gestione il campo pratica e trovammo un accordo: io avrei restituito le centinaia di palline ma in cambio mi avrebbe fatto fare un giro sul trattorino raccattapalle. Era rosso, e tanto mi bastava per sognare che fosse una Ferrari. Aveva due “ali” ai lati, larghe, per raccogliere le palline dalla superficie, e così fantasticavo di pilotare un aereo, mentre i cestelli si riempivano. Oppure, a mio piacere, potevo immaginarmi su un carro armato, enorme e indistruttibile, come quelli visti nei film in tv. Il rumore mi sembrava simile. Quanto all'indistruttibilità... oggi il trattorino rosso è ancora li. Avevo 10 anni e non mi faceva difetto l' immaginazione.
Tutti i giorni della settimana, appena tornato da scuola, filavo dritto verso il campo pratica, che era diventato il mio quartier generale. Ascoltavo i maestri fare lezione ai soci del circolo. Poi, mentre raccoglievo le palline e quando tutti se ne erano andati, sperimentavo le nozioni che avevo carpito. Il Sabato e la Domenica invece, facevo da caddie in campo. Speravo nel freddo per indossare due maglie e sembrare più robusto. Con la bella stagione i giocatori esitavano di fronte ad un caddie tanto esile da poter stare nella loro sacca. I diversi maestri che di volta in volta conoscevo, mi regalavano ciascuno di loro un vecchio bastone. Così la mia prima sacca da golf era un mazzo variamente assortito di bastoni di tutte le marche e diverse misure, persino da donna. Il mio primo sponsor fu mio fratello: comprò con i suoi risparmi un set di ferri usato della Ben Hogan, finalmente tutti uguali.
Il tuo inizio come caddie?
I caddie di Castelgandolfo avevano accesso al campo per giocare solo di lunedì, il giorno di chiusura del circolo. Per me era un giorno speciale: la mattina a scuola disegnavo a penna sul quaderno lo score che avrei utilizzato in campo, e il Maestro (di golf) mi faceva trovare sempre un carrellino per la sacca nascosto vicino al caddie master. Con gli altri caddies facevamo garette e perdevo sempre, ma ci divertivamo un sacco.
Capitò un dicembre in cui il Maestro mi chiese di fargli da caddie in una delle prime edizioni della Pro Am di Natale al Golf Fioranello, un piccolo circolo dal grande fascino ed una atmosfera amichevole e coinvolgente anche per un ragazzino come me. Alcuni soci del circolo mi fecero il regalo che desideravo da sempre: la mia prima tessera federale del Club. Fioranello diventò il mio Circolo, ma anche la mia seconda casa, la mia prima palestra di vita golfistica da dilettante e tutt'oggi il Club in cui insegno da professionista.
Che tipo di incoraggiamenti e di spinte hai avuto per arrivare a un così alto livello di golf?
Sono diventato un professionista di golf grazie ad una serie di circostanze e incontri fortunati. La mia curiosità per il mondo di quei golfisti che tiravano palline proprio davanti alla mia casa ha presto incrociato la generosità e l’affetto di molte persone che hanno assecondato e alimentato la mia passione.
Amavo il golf di un amore sincero e chiunque lo amasse altrettanto sinceramente, riconosceva e incoraggiava quel mio sentimento. Ho preso lezioni dal Maestro che mi ha insegnato tutto in cambio di poco o niente, per la pura soddisfazione di rendere ancora più fervida la mia passione per il golf e poi condividerla. Guanti, scarpe e palline erano i miei regali più richiesti e non mi venivano mai lesinati. Guardavo i Maestri e volevo diventare uno di loro. Oggi guardo i ragazzi che amano il golf e cerco in loro la mia stessa passione, per assecondarla, e condividerla in campo, proprio come facevano con me.
Quali sono state le maggiori difficoltà tecniche e mentali nella tua carriera golfistica e come le hai superate?
Non ho mai avvertito particolari difficoltà sotto l’aspetto tecnico. Ho cominciato da bambino e il mio corpo si disponeva alle torsioni dello swing con naturalezza. Al contrario, l'approccio psicologico era ancora immaturo: avevo difficoltà a contenere la tensione nelle ultime buche, e questo finiva talvolta per compromettere il risultato finale di certe gare fino a quel momento perfette. Con l’esperienza si impara a gestire l’ansia da prestazione e la paura di vincere, ed è quello che insegno sempre ai miei allievi migliori.
Ma quello che crea enormi condizionamenti negativi in molti giovani è la soddisfazione delle aspettative degli altri. Genitori, amici, maestri, soci e conoscenti, con le loro aspettative, possono moltiplicare la pressione psicologica sul ragazzo, che si sente in obbligo di giocare bene, di non deludere, e con ciò si finisce per giocare più per gli altri che per se stessi. Con pessimi risultati. E' necessario lasciare che si divertano giocando, ritagliandosi uno spazio tutto loro, insegnandogli che il golf richiede impegno, passione e disciplina. E se son rose, fioriranno.
Quali qualità ti attribuisci per essere arrivato ad un tale livello?
Per realizzare un sogno e raggiungere un obiettivo occorre la determinazione costante nel tempo. Nel golf questo è l'elemento che fa la differenza. Per diventare un professionista non basta avere passione per il gioco. Occorre dedizione, impegno, sacrificio. Devi trovare la motivazione giusta e tradurla in impegno anche quando i risultati non arrivano e l’obiettivo che ti eri prefissato sembra troppo lontano. Bisogna farsi crescere i muscoli della pazienza e diventare impermeabili alle frustrazioni, che inevitabilmente arriveranno a fiaccare le ginocchia. Per diventare un maestro del golf devi diventare robusto dentro.
Raccontami un aneddoto o una storia che dimostri come hai superato una difficoltà.
Un giorno ero in trasferta per giocare un Campionato Italiano. Nel giro di prova del campo avevo fatto tutti ganci. Nel primo giro di gara pure. Facevo solo hook, con qualsiasi bastone. Ero sconsolato e pensavo solo a quello. Chiamai il mio maestro e gli dissi “sono disperato Mario, faccio tutti hook” lui mi rispose “e qual è il problema?” . “Il problema è che faccio solo hook, non riesco a fare un colpo dritto” dissi. “ Non è un buon motivo per fare un brutto score, anche Bobby Locke giocava con hook accentuati ma ha vinto 4 British Open” mi disse lui. Così il giorno dopo andai a giocare sereno e motivato a far bene. Con quegli hook non vinsi 4 British Open ma passai il taglio e mi divertii molto.
Qual è il tuo segreto?
Il mio segreto? Riprendendo un’espressione di Socrate, direi “il sapere di non sapere” e il desiderio continuo di migliorarmi sia come giocatore che come maestro. Anche se non faccio il tournament player amo giocare a golf e migliorarmi. Più gioco e meglio insegno, perché mi avvicina ai miei allievi e alle loro difficoltà a migliorare. E mi piace pensare di non aver finito di studiare il golf e di imparare. Non ho simpatia per i colleghi che si pongono nei confronti dei loro allievi come fossero l’Oracolo di Delfi.
Il dubbio di non sapere abbastanza è ciò che ti spinge a migliorarti, e quindi a crescere. Il golf è un mondo dagli innumerevoli aspetti, e non basta una vita per conoscerli tutti.
Quando devi fare un qualsiasi colpo a cosa pensi? (solo all'address? al ferro da tirare? O fai come noi amatori che abbiamo da uno a tre pensieri "tecnici" tipo gira le spalle, braccio sinistro teso nel backswing e così via...?) E fra un colpo e l'altro che pensieri hai?
Per colpire bene, bisogna imparare a non pensare. E' come il paradosso filosofico di Achille e la tartaruga. Se la mente si ferma a pensare ai fotogrammi che compongono lo swing, si perde il timing. Il lavoro propedeutico sulle fasi dello swing lo faccio in campo pratica: mi soffermo molto sulla tecnica del movimento, sull’allenamento specifico di alcuni aspetti cruciali. Ma sul campo sposto l’accento sul gioco vero e proprio: bisogna fare meno colpi possibili, il resto non conta.
In campo non mi curo più dello swing: devo giocare al meglio con lo swing che ho in quel momento, giusto o sbagliato che sia. Inutile tentare di modificarlo in campo. Lo swing è un automatismo frutto di un duro lavoro in campo pratica. Buono o cattivo che sia stato il lavoro propedeutico, in campo non c'è più tempo per maturare un nuovo automatismo. Quando prendo posizione sulla palla per tirare, cerco di sentire il momento giusto per iniziare lo swing. Devo sentire solo il livello apicale di attenzione e la reattività del corpo. Senza fretta però. E’ come la cottura della pasta: se hai fretta, rischi di scolarla cruda, ma se ci pensi troppo la tiri via scotta.
Se una persona che si rivolge a te avesse "grosse" difficoltà a progredire nel golf tu in che modo l'aiuteresti? Cosa le diresti, cosa vorresti trasmetterle? Quali delle PAROLE che hai usato sono state efficaci per far CAPIRE alle persone come muoversi?
Spesso i giocatori che hanno più difficoltà a progredire nel golf sono quelli che si innamorano della tecnica. Ma la tecnica del golf può essere un labirinto dal quale potresti non uscire mai se non trovi qualcuno che ti indichi la strada giusta. Ho conosciuto giocatori di terza categoria che avevano letto più libri di golf di me, cambiavano decine di maestri, pensando che l ’ultimo fosse il migliore, ritagliavano dalle riviste le lezioni di tecnica e le portavano in sacca. Finivano per muoversi nello swing con la disinvoltura di un elefante in una gioielleria. Ma soprattutto senza una logica, senza capire causa ed effetto di ciò che facevano . Per uscire dal labirinto è necessario capire che non esiste un solo modo per far bene lo swing, ognuno deve trovare il proprio. In molti casi è stato utile insegnargli a leggere il volo della palla, la sua traiettoria, per comprendere come il bastone è arrivato all’ impatto e risalire alle cause dell’errore. Di colpo tutto sembrava più semplice e logico. Non tardano ad arrivare i risultati quando il giocatore scopre che lo swing non è il fine per cui gioca ma il mezzo per giocare e mandare la palla dove vuole.
Tu hai una situazione positiva nelle altre aree della tua vita ? Io credo che l'equilibrio mentale che richiede il golf rifletta anche l'equilibrio interiore, cosa ne pensi? Vedi una relazione fra il tuo gioco e la tua vita?
Assolutamente si. Non è un caso se i giocatori del Tour danno il meglio quando raggiungono una stabilità interiore. Non puoi trovare la tranquillità nel campo se non ce l’hai nella vita. Nella vita di ognuno ci sono momenti positivi e altri che lo sono meno, in questi ultimi gioco ed insegno con più difficoltà. E' così e basta. I golfisti affrontano il campo nello stesso modo in cui affrontano la vita. Io ho una deformazione professionale. Quando conosco una persona immagino come farà lo swing, se sarà un picchiatore dallo swing veloce o uno “swinger” ritmato ed elegante. Spesso ci prendo. Chi per carattere è calmo e riflessivo affronterà il campo con lo stesso piglio. Chi è estroverso, parla a voce alta e cammina a passo veloce tenderà a voler “divorare” la pallina.
Cosa suggerisci a chi vuole migliorare senza passare da l campo pratica?
Ho tanti allievi che vorrebbero migliorare il loro swing ma senza andare mai al campo pratica. A loro dico sempre che bisognerebbe campare a lungo, o avere due vite. Ogni volta che giochiamo 18 buche facciamo appena una cinquantina di swing completi in oltre 4 ore. Praticamente lo stesso numero di swing che facciamo in mezz’ora al campo pratica con 2 gettoni di palle.
Ti è mai capitato di "gufare" un compagno di gara?
Se ho mai gufato un compagno di gara? E’ inutile negarlo: tutti i golfisti gufano e non sono io l'eccezione. Non credo sia un atteggiamento controllabile. E' questione di istinto. Gioco una partita individuale e non mi si può certo chiedere di non tifare per me stesso! Ricordo un periodo della mia vita che nei match play non so se mi concentravo di più a fare bene i miei colpi o a gufare quelli del mio avversario (risata).
A parte gli scherzi, qualche gufata è leggittima, ma senza mai dimenticare il corretto spirito del gioco.
Cosa suggerisci per allungare i colpi?
Si possono guadagnare molti metri sul driver con poche correzioni allo swing: è una questione di leve ed elasticità muscolare. Molto sta nell'imparare il corretto angolo d'attacco con i vari bastoni. Poi si dovrà curare la flessibilità muscolare e la capacità di creare forza esplosiva. Un esercizio semplice e immediato? Praticare col ferro 8 con la pallina infossata nel rough alto.
E per non superare i due putt a buca?
Ho aiutato alcuni allievi a ridurre il numero dei 3 putt consigliando loro di contare i passi che separano la palla dalla buca, specialmente nel primo put, il più lungo. I giocatori alti di handicap hanno bisogno di riferimenti, di numeri. Se so che ho un put di 15 passi mi rimarrà più facile dare alla palla la giusta forza rispetto a quando mi affido esclusivamente al mio occhio e al feeling. E col tempo imparerò ad associare il numero di passi all’ampiezza del movimento da fare.
Secondo te come si acquista la fiducia in sé nel golf?
La fiducia nei propri mezzi deriva dalla preparazione. Se mi sono allenato bene allora sarò più fiducioso sul campo, perché i colpi che dovrò affrontare li avrò provati e riprovati tante volte. Ma probabilmente questo già lo sapete, e allora se ancora non vi sentite confidenti e fiduciosi fate così: ripensate ai vostri migliori colpi ogni volta che finite una gara. Ripassateli a mente come fosse l’ Highlights di una gara del Tour, un filmato con le vostre migliori prodezze, e nella prossima gara impegnatevi a fare un numero ancora maggiore di colpi “spettacolari”. Ecco. Quei colpi rappresentano il vostro potenziale, il livello di gioco che potrete raggiungere.
L'intervista a Guido Caneo è tratta dal libro digitale "L'eccellenza nel golf - scopri i segreti dei pro per migliorare" a cura di Alessandra Donati
Marco grazie mille mi fa piacere che tu mi segua
Bravo Guido, Gioco da un anno esatto e a prescindere dall Hp ( ora 27 ) ti seguo con attenzione e direi con affetto, i tuoi consigli soprattutto quelli meno tecnici mi stanno aiutando a progredire in quanto sport bellissimo. Grazie ancora ti assicuro che sarò un tuo fedele"seguace"